Abbiamo intrapreso un viaggio alla scoperta dei Templari, guidati soprattutto dalla curiosità riguardo al loro passaggio sull’isola. Per approfondire l’argomento in modo scientifico, ho intervistato Massimo Rassu, uno dei massimi esperti sui Templari in Sardegna. Autore di oltre un centinaio di articoli e più di trenta libri su tematiche che spaziano dalle fortificazioni agli ordini militari, dalla geografia alla urbanistica storica, Rassu ha sviluppato nel corso degli anni numerose ipotesi di lavoro riguardo alla presenza dei Templari.
Proseguiamo la nostra indagine. Massimo, la cosiddetta croce templare non identifica le chiese templari?
No, perché non esiste un tipo di croce esclusivo dei Templari. Essi adottarono una croce latina piana, ossia la croce di San Giorgio, come quella di Genova, o della Democrazia Cristiana: questa è la vera croce templare, una fisionomia abbastanza comune. Tutti, invece, inseguono la croce di Amalfi, poi adottata dai Cavalieri di Malta.
A prescindere dalla forma, la presenza di una croce dipinta, incisa o scolpita in una chiesa non si può attribuire ai Templari, perché, in realtà, è abbastanza normale trovare delle croci in una chiesa, essendo il simbolo del Cristianesimo. Quasi tutte le croci identificate come templari, in realtà, sono croci greche incise in blocchi di riutilizzo di precedenti chiese bizantine.
E analogamente, le croci rosse dipinte nelle pareti interne delle chiese romaniche sono solo delle croci di consacrazione della chiesa: sono tutte color rosso minio su una stilatura bianca di calce. Per loro natura, erano e sono presenti in tutte le chiese, anche se spesso sono state coperte da successive pitture. Il fatto che anche sul mantello bianco dei Templari fosse disegnata la croce rossa, ha ingannato molti studiosi.
Se una croce non basta per indentificare una chiesa templare, che parametri hai utilizzato in seguito?
È interessante studiare le intitolazioni delle chiese e il legame con l’Ordine di Malta.
Nel 1312 i beni dell’Ordine templare, ormai soppresso, vennero assegnati in tutta Europa ai cavalieri di San Giovanni, gli attuali cavalieri di Malta.
Le chiese dei Templari erano solitamente dedicate alla Madonna, quelle dell’Ordine di Malta, invece, a San Giovanni Battista, al Santo Sepolcro, o a San Leonardo.
Partendo da questi presupposti, in via ipotetica, le chiese di culto mariano appartenenti ai Cavalieri di Malta nel 1500, sono fortemente indiziate come possibili chiese templari.
Per proseguire le mie ricerche, sono andato proprio a Malta, dove ho potuto consultare gli inventari del 1627-29 e del 1660 dei beni dell’Ordine di Malta, in cui sono elencate le loro chiese, alcune delle quali intitolate a Santa Maria. In questi inventari compare anche la chiesa di Santa Maria de s’Ispidale di Romana.
Quali sono le chiese in Sardegna d’intitolazione mariana appartenute all’Ordine di Malta e quindi indiziate d’essere chiese templari?
Le chiese d’intitolazione mariana appartenute all’Ordine di Malta sono Santa Maria de s’Ispidale di Romana; Sant’Antonio di Tresnuraghes, che sino al XIX secolo era intitolato alla Madonna di Loreto; e Santa Maria di Uta, ricordata già nel Trecento.
In Sardegna i beni dell’Ordine di Malta nel XVI secolo si trovavano nella diocesi di Oristano e Bosa, a Nurachi, San Vero Milis e Simaxis (diocesi medievale di Oristano), e a Cuglieri, Santa Caterina di Pittinuri, Scano Montiferru, Santu Lussurgiu, San Leonardo de Siete Fuentes, Tresnuraghes, Bosa, e Romana (diocesi medievale di Bosa). E avevano altre piccole proprietà in territorio degli attuali Sassari e Porto Torres, più alcune saline a Stintino.
Non c’è comunque nessun documento precedente e, dunque, alcuna certezza che queste chiese siano templari. Si parla solo di ipotesi di lavoro.
Cosa facevano i Templari in Sardegna?
Le stesse cose che facevano in tutta Europa: avevano dei monasteri -le Domus Templi, o magioni, appunto-, donati dai regnanti o dalle famiglie più ricche del luogo e in questi conventi loro, esattamente come in tutte le abbazie medioevali, allevavano bestiame, coltivavano la terra e con il ricavato della vendita dei prodotti inviavano contributi economici alla casa madre a Gerusalemme. Quelle somme in denaro servivano per mantenere i loro castelli e i cavalieri presenti in Terrasanta, dove in fondo erano nati.
Perché la storia dei Templari affascina così tanto?
Perché ebbero una fine abbastanza tragica, furono perseguitati agli inizi del 1300 dal re di Francia per motivi ignoti, anche se si pensa che il Filippo IV il Bello, che era in bancarotta, volesse impadronirsi del patrimonio monetario dell’Ordine. E soprattutto perché una volta scomparsi sono svaniti anche i loro archivi, per cui la ricerca preliminare delle loro proprietà, comprese quelle in Sardegna, diventa una sorta di investigazione poliziesca, in cui bisogna mettere insieme degli indizi. E poi intorno ai Templari sorsero tanti racconti e miti fiabeschi.
Quali sono queste leggende legate ai Templari?
Sono tantissime, perché la loro fine è avvolta dal mistero. Una leggenda racconta che alcuni Templari di Parigi siano fuggiti la sera stessa degli arresti. L’arresto in massa dei monaci fu decretato per il giorno venerdì 13 ottobre del 1307, da qui è nata la superstizione che il venerdì 13 porti sfortuna. Sarebbero fuggiti con il tesoro del Tempio verso il porto francese di La Rochelle, dove si sarebbero imbarcati verso la Scozia. E da lì tutto un nuovo fiorire di leggende e miti.
Grande fascino, basti pensare che oggi esistono circa 1700 organizzazioni in tutto il mondo, che in modi diversi fanno riferimento ai Templari.
A volte i Templari vengono ricollegati all’esoterismo, come mai?
Si tende a interpretare in maniera distorta i dipinti presenti nelle chiese dei Templari, scambiando il contenuto catechistico per informazioni esoteriche.
I Templari erano dei monaci cattolici combattenti, erano cristiani del loro tempo. I dipinti e le sculture – ad esempio nelle mensole che reggono gli archetti romanici – hanno un simbolismo catechistico: il mostro rappresenta il diavolo quindi il peccato, la croce è Cristo e quindi la salvezza. C’è da considerare il valore forte delle immagini e che il 99% della popolazione all’epoca era analfabeta.
Troviamo dipinti e rappresentazioni sacre anche in varie chiese romaniche sarde, tra cui San Pietro di Galtellì, la basilica di Saccargia, l’ex cattedrale di San Pietro di Sorres, l’ex cattedrale San Pantaleo di Dolianova, la cappella del castello di Bosa, la chiesa campestre di San Nicola di Trullas; nessuna di queste appartenne ai Templari.
Nel 2010 hai pubblicato il libro Militia Christi e Templari in Sardegna. Di cosa si tratta?
È una raccolta di vari studi di alto livello su argomenti che ruotano attorno ai Templari e ai Cavalieri di Malta, articoli scientifici stilati da vari ricercatori, in una bella edizione curata dalla casa editrice Domus de Janas. Gli argomenti affrontati vanno dalla Pergamena di Chinon, all’analisi di diverse chiese romaniche già dell’Ordine di Malta, dalle leggende sui Templari in Scozia, allo studio approfondito della chiesa di San Leonardo. In chiusura, un articolo di Fabio Marcello sull’Ordine di Malta come istituzione a livello internazionale.
In conclusione di questa intervista -dove abbiamo tentato di ricostruire i possibili possedimenti dei Templari in Sardegna e di illustrare il metodo di studio e di ricerca più appropriato- possiamo affermare che la mancanza di documenti certi non consente la scrittura di pagine di storia, ma consente solo di tracciare ipotesi di lavoro.
Ringrazio Massimo Rassu per la disponibilità ad affrontare un tema così delicato e dibattuto e speriamo che la scoperta di nuovi documenti inediti permetta di svelare finalmente i misteri sulle chiese e sulle proprietà sarde di questo valoroso ordine cavalleresco.